Questi sono i suoni, gli odori, i colori, i sapori e profumi della nostra terra, quella stessa che ha generato, concimato, germogliato le storie di ordinaria straordinarietà dei nostri titani e titanidi.
nota
dell'autore
azzurro cielo
giallo oro
verde smeraldo
blu balena
blu avion
Un libro è come un vortice che ti travolge. Ti travolge rigo dopo rigo quando lo leggi. Parola dopo parola quando lo scrivi. Virgola dopo virgola. Punto dopo punto. Questa breve nota non vuole anticipare nulla di questo volume; ogni capitolo è già sufficiente a spiegare quanto desidera; ogni pagina ha il potere di esprimere il suo intento senza che queste righe possano aggiungere molto altro.
E allora perché questa nota?
Perché se ogni singolo foglio sarà in grado di travolgervi, a volte di avvolgervi, con una stretta quasi fisica, stritolante e massiccia, tanto da sentirne quasi l’odore, il sudore, queste poche righe contenute in questa breve nota vogliono restituirvi il sapore, i profumi, il colore, il calore, l’odore e i suoni di queste pagine.
Il sapore tutto partenopeo delle butteglie e pummarole appena fatte. Il colore del ciano intenso che va dall’azzurro cielo terso della costiera frastagliato di limoni giallo oro, al verde smeraldo dei suoi anfratti marini; dal blu balena dei fondali alla notte tra Amalfi e Positano, al blu avion del mare a perdita d’occhio, all’orizzonte, al tramonto, in uno dei pomeriggi in giro per la Divina. E ancora il celeste acquamarina, dei segni d’acqua, i verdi intensi della natura, dei suoi spazi aperti e l’arancio energico, giallo sole della forza propulsiva dei raggi che illuminano questo angolo di mondo. I colori cangianti dei passaggi montani, quasi impressionistici, che sbucano, chilometro dopo chilometro, nell’entroterra costiero, come paesaggi di Van Gogh, o come nature morte di Carotenuto, interrotte da segni geometrici e illusioni ottiche, segni indelebili di quella tradizione artistica tipica della ceramica vietrese, delle opere artistiche del Lista, del Dalisi e del Franchini, interpreti fedeli e devoti delle nostre terre.
Il calore delle genti che gesticolano animate e distratte, spensierate quasi a voler sfuggire o rifuggire dai loro attimi, dai loro giorni, dalle proprie croci, a ritmo incalzante, come nelle sinfonie di Beethoven, o adagio come nelle religiose opere sacre, degli inni e dei preludi corali di Bach, o ancora delle melodie sincopate di Mozart. Ogni singola pagina sembra aleggiare sulle note eteree delle arpe e dei violini, correndo e rotolandosi su tutti gli ottantotto tasti del pianoforte, e in un attimo, la metamorfosi, dalle note conosciute e rassicuranti dei grandi classici, a quelle più ruvide e stonate del blues e del jazz, di quello neomelodico, degli albori del grande Pino, nostro indiscusso oracolo. Pino, un Caronte che ha saputo traghettarci nel mondo, facendoci scoprire le più anonime strade della nostra terra, di quella Napule è na’ carta sporca e nisciuno se ne importa. Ma il suono di queste pagine si evolve anche nelle note concitate dell’entroterra più ruvido, meno battuto, a cui ci riportano le note di Vinicio, definito spesso onnivoro gourmet della canzone, canzoniere straripante e universale. Tedesco di nascita, irpino d’origine ed emiliano d’adozione, Capossela ha fatto del randagismo una filosofia di vita; e sembra proprio che sulle note dei suoi brani si adagino le storie di molti dei titani e delle titanesse, contenute in questo volume, migranti a loro modo da una sponda all’altra, nella turbolenta traversata tra follia e normalità.
Questi sono i suoni, gli odori, i colori, i sapori e profumi della nostra terra, quella stessa che ha generato, concimato, germogliato le storie di ordinaria straordinarietà dei nostri titani e titanidi, persone che, ognuna a suo modo, hanno iniziato un viaggio, a volte terminato troppo presto, a volte deviato, spesso ancora in essere, fatto di avventure e disavventure, pur sempre però proteso a celebrare quel qui ed ora che permette di non pensare al futuro, di non ripensare al passato, ma pesare il presente.
È a tutti loro, indiscussi protagonisti di quel Tartaro spesso dimenticato che è dedicato ogni singola parola di questo volume; persone che contano, che si fanno sentire, a volte di meno, ma che sono un segno concreto e scintillante che le storie di ordinaria straordinarietà, e anche quelle di straordinaria ordinarietà esistono e fanno bene. Fanno bene al cuore.Giuliana Saccà
l’autore
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