CHARLES BUKOWSKI
Se è possibile essere felici, lo sarò. Non farò il difficile e anche se non sarà la felicità perfetta non farò lo schizzinoso. Mi prenderò tutta la felicità che posso prendere.

Storia

di

Lara

La mano permette all’intelligenza non solo di manifestarsi,
ma di entrare in rapporti speciali con l’ambiente.
Questo sosteneva la maestra delle maestre, quella Maria
a cui si riconducono tutti i migliori metodi di apprendimento per bambini.
E Lara, quattro anni, quasi cinque, il mese prossimo, lo sa bene. È da quegli stentati dieci centimetri che inizia ogni mattina.
Una mano per prendere il tazzone di latte, ingurgitato di fretta con gli occhi ancora assonnati.
Una mano per rifarsi il letto, l’altra per lavarsi i denti con quel gusto fragola che le piace tanto misto al toast con doppio formaggio, perché a lei piace la colazione salata.
Una mano per scegliere con cura cosa indossare, provando abbinamenti a volte inediti, ispirati alle sue eroine più ribelli.
Adora il giallo. Quello sole, forte ed energico come lei.
Quel giallo che in una molletta, un nastrino, un accessorio, non manca mai.
Inizia ogni mattina, Lara, con i suoi dieci centimetri di manine. Una mano per chiudere il cestino in cui la sera prima ha riposto con cura la sua merendina per l’indomani.
Una mano ancora per salutare la sua bambola Camilla che l’avrebbe attesa come ogni giorno pazientemente.
Una mano, anzi due, che sbattono a mo’ di piatti per sollecitare il Papi ad accompagnarla all’asilo in tempo, facendo seguire con la sua voce vivace, quelle tre parole, quasi un jingle mattutino, come il Bianconiglio in Alice nel paese delle meraviglie: È TARDI. È TARDI. È TARDI!
Ma Lara sa che quella è una favola, e che è diversa da quella realtà quotidiana che per il suo mezzo metro è già scandita da ritmi, gesti, parole.
Tante parole che cattura come prede da collezionare.
Lara entra correndo, salutando il suo papà, ogni mattina.
Lara inizia la sua giornata, ha tante cose da fare oggi. Oggi, ha tanti impegni.
Oggi costruirà la sua amata stazione dei pompieri.
Metodica, precisa e volenterosa sistema ad uno ad uno quei magici pezzettini colorati, dividendosi per tipologia e per colore e pianificando pian piano il suo progetto, come gli ha insegnato il suo eroe, Roberto, quel fratello maggiore a volte distratto, che lei adora.
Non ne ha ancora impilato neanche uno, ma è intenta a spiegare a Carlo il suo amichetto di giochi, cosa farà. Con quelle dita di pochi centimetri delinea spazi, gesticola come un prestigiatore, agitandosi con entusiasmo per ciò che avverrà.
Carlo la segue nei suoi ragionamenti, ma poi incredulo e impaziente la sollecita ad iniziare, offrendogli il suo supporto. Cominciano silenziosi, fin quando Matilde arriva chiedendo di unirsi, e scatta uno dei tanti litigi, quelli chiassosi dei bambini.
Ma Lara inizia così il suo gioco preferito.
In un attimo il telo dei giochi diventa la sua toga, il porta pastelli, martello, e lei, con aria e postura autorevole, drizzando le spalle e congiungendo le mani, apre le danze.
Invita Carlo e Matilde a non accavallarsi.
Li rassicura che li ascolterà entrambi. Spiega le regole. Poche, ma chiare.
Volge lo sguardo a Carlo il più refrattario invitandolo a restituire la sua versione dei fatti.
Matilde dopo poco prova a interrompere, ma Lara decisa interviene e solo con uno sguardo ripristina le regole.
Vanno avanti per un po’, sotto lo sguardo vigile, incuriosito e a tratti divertito delle maestre che con un occhio alla classe da un lato, non distolgono, però, lo sguardo dai tre, rapite dalla capacità di Lara di tenere tutti a bada, riuscendo alla fine ad arrivare alla stretta di mano tra i due litiganti. Lara ha solo quattro anni e mezzo, ma sa già che cosa farà da grande: o il pompiere, o il giudice, dice, come la sua mamma che, sera dopo sera, viene intervistata da Lara che, sin da piccolissima, ha preferito alle favole della buonanotte i racconti giornalieri della madre, quasi a volersi spiegare le mancanze, le assenze, le partenze, con quel precoce desiderio di dare un senso alle cose.
E con le sue manine di appena dieci centimetri, un senso lei lo dà; lo dà sempre quando lascia scivolare tra le dita i petali rossi e le perle profumate, nel fare compagnia in bagno alla mamma prima di cena, chinata a bordo vasca.
È con le sue mani che aiuta Roberto ad apparecchiare, riprendendolo quando scambia il posto a forchetta e coltello.
È con le sue mani congiunte che ringrazia prima della cena intonando le note della preghiera.
È con le sue mani che tira il grembiule alla madre invitandola a sbrigarsi, che il cartone inizierà tra poco.
È con le sue mani che stringe Camilla che, paziente, giorno dopo giorno, l’aspetta.
Oggi è un nuovo giorno per Lara.
Come Teti, figlia di Urano e di Gea, Lara sembra incarnare la dea babilonese delle acque salate, così come descritta nell’antichità. Sembra avere quel dono della metamorfosi, che così come per la titanide, contribuiva ad aumentarne il fascino.
È affascinante e fascinoso, infatti, il suo cambiar pelle ogni giorno, sfidare i propri limiti, mettersi alla prova nelle tante piccole vicende del quotidiano; un quotidiano operoso e frastagliato, fatto di piccoli, infinitesimali gesti che man mano cambiano la vita di Lara, la cambiano e la fanno crescere. È ancora una volta lì Camilla, pronta a farsi quasi soffocare da quegli stritolatissimi abbracci, che si moltiplicano ad ogni clic di luce.
Ad una ad una vanno spegnendosi, e il buio avanza. Ma Lara resiste, sa che prima o poi ce la farà a sopportarlo. Per ora sono le stelle a guidarla, quelle che illuminano la parete della sua cameretta. Quelle riposte ad una ad una con sua madre in una delle tante domeniche assieme, con la pioggia roboante che fuori accelera, mentre in casa tutto sembra accarezzato da quella lentezza magica dello stare bene insieme.
La domenica è un giorno buono per Lara. Sa che si potrà concedere qualche capriccio, qualche vizio, un gelato, un cartone in più, prima che riinizi il tran tran della settimana. Ha ancora qualche ora Lara, prima di riprendere il suo ruolo, i suoi compiti e dimostrare che lei con le sue manine di soli dieci centimetri, giorno dopo giorno, ce la sta facendo
a diventare grande.

io sono Teti